le opere sdoganate da Vittorio Sgarbi, edizioni ArtNow

Libro Porto Franco 900
mini Libro Porto Franco pag 24

 

Téchne era, nell'antica Grecia, la capacità intellettuale e manuale di fare, d'inventare, era l'incontro tra la sapienza artigianale e la creatività artistica, che nel corso del tempo anda­ rono ora diversificandosi ora riconciliandosi. Ma Téchne era anche la personificazione di­ vina di queste abilità: le arti sarebbero state trasmesse dagli dèi agli uomini per sublimarne gli animi attraverso la bellezza. L'arte è quindi inconscio trasceso che rilegge la realtà e ap­pare, in tal senso e per sua natura, afflato intimo, libero e a tutti accessibile nella compo­ nente creativa quanto nella fruizione. E ciò valga indipendentemente dagli studi compiuti dall'artista - alla cui preparazione va comunque riconosciuto il merito d'eccezione - o dalle strategie di mercato messe in atto dal critico di turno e che rispondono, spesso, agli inte­ ressi di addetti ai lavori e collezionisti blindati al grande pubblico.
A chiunque va riconosciuto il diritto di creare un'opera d'arte. Chiunque merita di esporre e rendere la sua opera pubblica. Il senso più autentico dell'arte è la comunicazione: essa è un linguaggio e, come tale, ha bisogno di interlocutori per esistere, per avere un'identità propria, un ruolo sociale.
Sin dalla comparsa, presumibilmente cultuale, delle impronte delle mani nelle caverne dei primitivi, l'arte ha realizzato il bisogno, tutto umano, di affermare la propria presenza nel mondo, di garantirsi l'eternità attraverso la memoria, di proporsi come modello per gli altri. Essa mette in scena, e in concerto reciproco, la coscienza e la natura, riletta alla sua luce. L'artista è tanto più grande quanto più riesce a farci percepire in modo diverso la re­ altà: in questa variante c'è la sua poetica. L'estetica è un'altra cosa, è armonia delle forme in riferimento al proprio tempo. Ecco perché alla fine non può esistere una definizione settaria di arte contemporanea: sono a noi contemporanei Giotto come Warhol, ovvero tutti quegli artisti che sono maestri del loro tempo come del nostro e le cui opere conti­ nuano a essere vissute. Insieme alla contemporaneità di ciò che esiste, c'è anche quella di ciò che è esistito e continua a vivere. Come i corpi, diceva il buon Vico, anche i secoli in­ vecchiano, e dunque, incalzava anche l'amico De Dominicis, i veri giovani sono gli Antichi. L'opera d'arte ha in ogni caso una sua natura identitaria che la critica può certamente in­ terpretare ma non inventare. Essa esiste a prescindere e non ha bisogno di specialisti per essere capita o sentita. Il critico può guidare alla sua comprensione, può indicare lo stile, l'influenza, la mano, ma non può controllare l'emozione, il sentimento che suscita nello spettatore.
Dal Romanticismo si è aperta una nuova stagione della storia dell'arte, legata più all'indi­ vidualismo e meno alla committenza. Il lento scomparire delle Scuole di pensiero, durante il Secolo scorso, ha inoltre restituito all'uomo la sua libertà espressiva e di ricerca, senza più sottostare a canoni obbligati o etichette tassonomiche: esprimere significa etimologi­ camente portare qualcosa fuori, alla luce, e la luce sono gli occhi degli alt ri, la visibilità, la possibilità di mostrare il proprio intimo spettacolo. Se il passato ha detto e fatto tanto, il presente può sorprenderci altrettanto se non addirittura di più. Il problema è l'oligarchia delle leggi del mercato d'arte che si afferma impedendo agli altri di farlo, di rendersi visi­ bili di esistere, con l'idea che non meritino, che non siano contemporanei o addirittura che chi si occupa di loro non ami l'arte contemporanea. Trovo, dunque, intelligente questo progetto, per così dire, "rivelatore", che restituisce all'arte la sua libertà originaria e all'ar­ tista la sua verità esclusiva.

Vittorio Sgarbi

 

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